WORKSHOP DI NURTURING TOUCH

2 – 3 Novembre 2019

Casa della Salute di Castellamonte



Marinella Cellai è la fondatrice dell’ Associazione Progetto Città della Vita, dove da oltre venti anni pratica il “Nurturing Touch”, tecnica ideata dalla neozelandese Dott.ssa Peggy Dawson. Dal 2006 tiene corsi presso hospices, associazioni e scuole di cure palliative in Italia.

In via eccezionale ed esclusiva sarà presente a Castellamonte per tenere un corso teorico-pratico di Nurturing Touch indirizzato a caregivers, famigliari, volontari, operatori della salute ed a coloro che si occupano di malati della Malattia di Parkinson.

Obbiettivo del corso è migliorare la qualità degli aspetti relazionali tra i malati e chi si prende cura di loro.

La conoscenza del Nurturing Touch (letteralmente: “tocco che nutre”) permette di utilizzare il contatto come prezioso strumento di comunicazione e di “care” , non solo quando l’espressione verbale non è più utilizzabile ma anche quando la persona fragile si chiude in se stessa e si isola nella sua sofferenza fisica o psicologica che sia.

È attraverso il contatto fisico consapevole che si riesce a superare le barriere dell’isolamento e ad aprire un canale di comunicazione psicocorporea.

Nella Malattia di Parkinson e nella demenza senile spesso l’utilizzo di questa filosofia di massaggio aiuta a calmare l’agitazione del malato, a tranquillizzarlo e a migliorare, ove possibile, le sue potenzialità comunicative.

Il Nurturing Touch è prezioso non solo nella relazione con la persona malata ma anche con l’intera unità sofferente (i suoi famigliari e caregiver).

Migliora, inoltre, la qualità del clima nell’équipe assistenziale ed è ottimo nella relazione e comunicazione curante – paziente.

In sostanza, si può affermare che la conoscenza del Nurturing Touch da parte dell’équipe curante contribuisce a rendere la cura più a ”misura d’Uomo”.

Attraverso la pratica del massaggio consapevole (che oltre ad una specifica manualità, comporta la presenza vera, l’attenzione e la purezza dell’intenzione dell’operatore), il malato si sente “persona”, diventando soggetto e non oggetto di cura e la sua dignità verrà preservata.